Prefetto: «Serve agire subito per scongiurare qualsiasi pericolo e ridurre il rischio per l’incolumità». Comune: «La vita è bella».

Ci sono momenti in cui basta leggere due documenti consecutivi per capire tutto: da una parte l’allarme, dall’altra il silenziatore. La nuova Ordinanza n. 364/2025 sulla movida di Via Cambini è uno di quei casi in cui le parole parlano da sole, e parlano molto più forte di chi le ha scritte.

Nel testo del Prefetto c’è una lucidità tagliente: Via Cambini è descritta come un «punto nevralgico», dove si radunano «migliaia di giovani», dove si generano «schiamazzi, confusione, abbandono di rifiuti, degrado e rumori molesti» ordinanza-firmata-via-cambini. La nota non lascia spazio alle interpretazioni: è «indispensabile e non più procrastinabile» intervenire, e occorre farlo per «scongiurare qualsiasi pericolo» e «ridurre il rischio per l’incolumità» delle persone e degli stessi esercenti ordinanza-firmata-via-cambini.
Un linguaggio che appartiene ai momenti di emergenza, quando la sicurezza pubblica non è più solo un concetto ma una necessità.

Poi, voltata la pagina, arriva l’ordinanza del Comune.
E sembra scritta in un’altra città.

Dopo aver riportato fedelmente le parole allarmate del Prefetto, il Comune cambia registro: improvvisamente la movida diventa un tema di «processo rieducativo», di «divertimento sano», di «vivacità capace di generare valore sociale ed economico» ordinanza-firmata-via-cambini.
La distanza tra le due visioni è così ampia da sembrare imbarazzante: il Prefetto parla di pericolo, il Comune risponde parlando di benessere psico-fisico.

E ancora una volta, ciò che viene proposto non ha il peso né la serietà che la situazione richiede. Orari ridotti di mezz’ora nei feriali, un’ora nel weekend. Musica fino alle 23 o alle 24. Divieto di asporto dalle 21:30. Una sperimentazione di sessanta giorni.
Nulla che ricordi quella «azione dissuasiva» che la Prefettura ha richiesto espressamente.
Nulla che sappia di una reale volontà di cambiare.

In mezzo, sempre gli stessi protagonisti: gli esercenti, Confcommercio, i tavoli istituzionali.
E sempre gli stessi assenti: i residenti.

Si parla di “confronto” ma al tavolo ci sono sempre gli stessi, e sempre con lo stesso obiettivo: assicurarsi che nulla disturbi la rendita notturna. Si parla di “protocolli”, ma il precedente — quello dell’aprile 2025 — è rimasto lettera morta: telecamere mai installate, controlli mai intensificati, monitoraggi mai resi pubblici, presenza di personale aggiuntivo nei fine settimana praticamente inesistente accordo-via-cambini_04_02_25-00….
E nonostante questo fallimento evidente, oggi ci ritroviamo con una nuova ordinanza che ripete lo stesso modello, come se sperare che “stavolta vada meglio” potesse essere scambiato per una strategia.

Persino le sanzioni previste raccontano una storia: da 25 a 500 euro, con pagamento ridotto a 50 euro se versati entro 60 giorni ordinanza-firmata-via-cambini.
Cinquanta euro.
Una cifra che un locale incassa in pochi minuti nelle serate di punta.
Una cifra che, anche ammesso che qualcuno controlli davvero, non ha alcuna capacità di dissuasione.
È difficile immaginare una dimostrazione più concreta del fatto che il Comune non vuole realmente cambiare nulla: sanzioni simboliche, controlli evanescenti, nessuna pressione concreta su chi genera il problema.

E così Via Cambini continua a vivere in questa schizofrenia amministrativa: da un lato una Prefettura che parla di pericolo, sicurezza e incolumità; dall’altro un Comune che parla sotto voce, che minimizza, che firma provvedimenti che sembrano più rivolti a non disturbare nessuno che a risolvere davvero qualcosa.

Si continua a confidare che “non succeda niente”, che non ci siano incidenti, che non ci siano aggressioni, che nessuno si faccia male, che nessuno denunci troppo forte.
Si incrociano le dita, si spera.
Ma sperare non è una strategia.
E soprattutto non è amministrare.

Una città può essere vivace, certo. Ma deve essere anche vivibile.
E quando un Prefetto parla di pericolo e un Comune risponde chiudendo gli occhi, la distanza non è solo istituzionale: è morale.
Ed è il segno più evidente che Via Cambini non è una priorità per chi dovrebbe tutelarla.

Firmato: un gruppo di residenti delle vie Via Roma, Via Cambini e Via Marradi


Tutte le citazioni contenute nell’articolo provengono dai documenti ufficiali riportati di seguito

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